L’uomo ha iniziato ad addomesticare
gli animali già 12.000 anni fa e già a quel tempo era stato intuito il
potenziale derivante dal rapporto tra essere umano e cane.
Molti sono gli animali citati nella
mitologia; Asclèpio, dio greco della medicina, per le sue cure si serviva di
cani e serpenti.
Nei dipinti delle caverne di Altamura,
risalenti all’era Paleolitica sono
numerosi gli animali rappresentati.
In Egitto, il Dio Anubis, protettore
della medicina, veniva rappresentato con una testa di cane.
I Sumeri nella cura delle malattie si
avvalevano di animali.
2400 anni fa Ippocrate consigliava
una lunga cavalcata per combattere l’insonnia.
È del 1792 il primo studio sull’utilizzo
scientifico degli animali a scopo terapeutico effettuato all’interno di un
ospedale psichiatrico dallo psicologo inglese William Tuke che si è avvalso di
animali da cortile per il recupero dell’autocontrollo dei pazienti che
parteciparono alla sperimentazione.
Nel 1820 il giornale Scienze,
letteratura ed arti per la
Sicilia , in merito alle attività occupazionali realizzate
nell’Ospedale Psichiatrico di Palermo, scriveva : “ …..nei cortili degli
ospedali , vi sono messi degli animali e si crede che siccome gli animali sono
molto familiari con gli infermi servano loro non solo come innocente passatempo
ma che tendano a svegliare nei medesimi sentimenti di socialità e benevolenza”.
Nel 1867 in Germania alcuni
animali vengono utilizzati per la cura dell’epilessia.
Nel 1875 in Francia il medico
francese Chessigne prescrive ai propri pazienti affetti da disturbi neurologici
l’equitazione al fine di migliorare l’equilibrio e il controllo muscolare.
Nel 1919 negli Stati Uniti ed in
Francia, per i reduci di guerra, affetti
da quello che oggi definiremmo disturbo
da stress post traumatico, venne previsto l’utilizzo di animali a scopo
terapeutico.
Analogamente nel 1942 la Croce Rossa Americana presso
l’ospedale militare di New York si avvalse dell’ausilio di animali, quali maiali, cavalli e pollame, per trattare
militari gravemente feriti ed affetti da turbe emotive.
Negli anni 60 lo psicoterapeuta Boris
Levinson casualmente scopri l’azione positiva che il proprio cane procurava su
di un suo piccolo paziente affetto da autismo.
Il bambino infatti, grazie alla
presenza dell’animale appariva più
disponibile a relazionarsi con lo psicoterapeuta.
Levinson alla luce di quanto
osservato elaborò la Pet Oriented
Child Psychotherapy- Psicoterapia infantile orientata con l’uso degli animali e
nel testo pubblicato nel 1961, intitolato “The dog as co-therapist”, coniò il
termine Pet Therapy.
Successivamente nel 1975 i coniugi
Corson, entrambi psichiatri di nazionalità americana, nell’adottare la teorica
di Levinson, elaborarono la Pet Facilitated
Therapy- Terapia facilitata dall’uso degli animali da compagnia, rivolta ad
adulti affetti da disturbi mentali.
Ed è negli anni 70 che si concentrano
gli studi scientifici inerenti il ricorso ad animali nel trattamento di
soggetti affetti da problematiche; Mugford e Mc Comisky fecero ricorso agli
animali negli interventi a favore di pazienti anziani valutando i coterapeuti a
4 zampe come dei veri e propri “lubrificanti sociali”.
Erika Friedmnn evidenzia, in uno
studio condotto su persone sopravvissute ad un infarto, una stretta
correlazione tra la loro sopravvivenza e il possesso di animali da compagnia.
In Italia si inizia a parlare di Pet
Therapy negli anni 80 in
occasione del Convegno Interdisciplinare su “ Il ruolo degli animali nella
società moderna” svoltosi a Milano il 6 dicembre del 1987.
Nel 1991 sempre a Milano si svolge un
altro importante convegno internazionale “ Antropologia di una passione”,
incentrato sull’importanza e il valore del rapporto uomo-animale e sul
significato terapeutico del medesimo.
Tecnicamente il termine Pet Therapy sta
a designare due distinti interventi che
sono attuabili con l’ausilio dei cani e che usualmente sono sintetizzati con le
sigle AAA e TAA.
L’acronimo AAA sta ad indicare le
Attività Assistite con l’ausilio degli animali; si tratta di interventi in cui
l’animale interagisce con l’utente per migliorare la sua qualità di vita.
In questo caso gli interventi possono
essere svolti in gruppo o individualmente e non è necessaria la presenza di un
equipe multidisciplinare composta a professionisti.
L’acronimo TAA indica le Terapie
Assistite con l’ausilio degli animali; si tratta di interventi che prevedono
obbiettivi specifici, precisi e predefiniti in cui il cane svolge le funzioni
di co terapeuta ed è parte integrante del trattamento.
L’obbiettivo è il perseguimento di un
miglioramento fisico, sociale, emotivo e cognitivo dell’utente.
Tutto l’intervento è soggetto a
monitoraggio e valutazioni in itinere ad opera di un equipe multidisciplinare
composta d esperti.
Rileva inoltre il termine Pet
Education, con il quale vengono oggi indicate quelle iniziative realizzate
prevalentemente in ambito scolastico e finalizzate a trasmettere ai gruppi
classe il valore degli animali e ad insegnare le correte modalità per relazionarsi con i
medesimi.
Quanto fin qui detto merita un
importante precisazione riguardante il necessario distinguo che deve essere
fatto tra zootecnia, ovvero l’utilizzo dell’animale per ottenere benefici per
l’essere umano, e Zooantropologia assistenziale
ove dalla relazione che si instaura tra uomo ed animale derivano benefici per
entrambe le parti.
Nella Zooantropologia assistenziale
rilevano due principi essenziali: il valore dialogico del rapporto tra uomo e
animale e la concezione dell’animale come referenza per l’uomo.
Il valore dialogico della relazione
tra uomo ed animale è possibile solo dal momento in cui l’animale è concepito
come partner a tutti gli effetti e non semplicemente un “produttore di performance”.[1]
Il dialogo dal quale deriva il
cambiamento per la Zooantropologia
diverrà possibile solo dal momento in cui nessuna delle parti venga considerata
un mero strumento o un performer dal quale derivano solo pratiche
strumentalizzanti dalle quali non potrà mai derivare una corretta facilitazione
al cambiamento.
L’animale deve essere coinvolto in
quanto alterità e non semplicemente utilizzato[2].
Nella prospettiva teorica derivante
dalla Zooantropologia si realizza compiutamente il perseguimento di benefici
per le parti coinvolte che si traducono nella possibilità per l’essere umano
/utente di vivere un opportunità di cambiamento; lo stesso cambiamento può
essere sperimentato dall’animale soprattutto se proviene da un canile.
In quest’ultimo caso con
l’addestramento prima e nelle sedute di Pet Therapy poi, anche un cane con alle
spalle una storia di abbandono e di maltrattamenti, può riavvicinarsi alla
parte sana dell’essere umano, riacquistando progressivamente la capacità di
amare ma soprattutto fruire di contesti in cui può finalmente realizzare la sua
innata capacità di dare
incondizionatamente.
Nella Pet Therapy, soprattutto alla
luce dell’implemento che questa attività ha avuto negli ultimi anni, è
importante superare approcci performativi dove l’animale si profila come
semplice strumento al fine di operare in una prospettiva zooantropologica dove
primario è il rispetto del valore referenziale dell’animale così come il
riconoscimento dello stesso in quanto essere senziente.